Storie di donne 2023 - i testi dei vincitori, le motivazioni della giuria

 

       

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La premiazione del concorso letterario «Storie di donne», giunto quest’anno alla sua XVIII edizione, è stata sabato 27 maggio, alle 3 del pomeriggio, presso l’Auditorium di Palazzo dei Panni, presenti il direttore della biblioteca Alessandro Demartin, per la giuria Loreta Failoni, per l’amministrazione comunale l’assessore alla cultura Guido Trebo e per il Gruppo Kos il direttore sanitario dott. Francesco Terrasi. Assente il vincitore, impossibilitato alla presenza.


 

La giuria si è riunita e ha espresso le sue valutazioni: sono stati individuati i racconti più meritevoli tra i 114 in gara, tre per la Sezione Generale, quattro per la Sezione Speciale S.Pancrazio, dedicata ai temi della riabilitazione alcologica, della ludopatia e della medicina di genere.

Per la prima volta è un uomo ad aggiudicarsi il primo premio del concorso letterario «Storie di donne»: Domenico Romano Mantovani (di Monfalcone) si è imposto con il racconto «Ti meriti un monumento». Seconda classificata l’arcense Elena Di Gregorio, vincitrice anche della sezione speciale «Medicina di genere», terza Samantha Falciatori (Terni).

Per quanto riguarda la sezione S.Pancrazio, i racconti a tema NO ALCOL premiati sono stati quello di Francesca Motta, «Acqua salata», e Nadia Rotatori «Da domani», quello a tema Gioco d’azzardo «Vivi» di Roberta Cadorin ed ha ricevuto una menzione d’onore «Sono un’assassina» di Rita Mazzon. Di seguito riportiamo le motivazioni addotte dalla giuria alla scelta dei testi premiati (cliccando sul titolo, potrete leggere il racconto nella sua interezza):

 

Ti meriti un monumento di Domenico Romano Mantovani

 “Ti meriti un monumento” è un racconto che riesce a toccare vari temi. In poche battute veniamo trasportati all’interno di ciò che resta di una famiglia toccata in passato da un grave lutto. Il brano segue la routine quotidiana di Margherita, la protagonista che solo in apparenza compie una sorta di rituale senza senso, impegnando tutti i paesani in una recita silenziosa. La svolta che arriva nel finale rappresenta la vera ciliegina sulla torta. Con poche parole Margherita libera se stessa e la “monumentale” sorella Clelia dal pesante fardello che le lega. Il lettore viene messo di fronte a un segreto mai rivelato in grado di gettare nuove luce sul bizzarro comportamento di Margherita.

Scollata e diligente di Elena Di Gregorio

Il racconto, con ritmo inizialmente lento, affronta il tema del “doppio”, dell’altro da sé che c’e in ognuno di noi. L’aggettivo “Scollata” del titolo si riferisce non ad una scelta estetica che mette in mostra la femminilità, ma a qualcosa che si cela, a quella parte “altra” che solo raramente si manifesta, ma esiste e può diventare determinante in maniera inaspettata.

La protagonista si narra, descrive giornate uguali e perfette, che scorrono lente e, forse, appaganti.

Solo piccoli segnali che il suo corpo le manda, come piccoli campanelli di allarme.

Un incontro inaspettatamente cambia la vita, stravolge l’andamento di un’esistenza borghese, causa conseguenze anche dolorose.

L’epilogo è di apertura: il cambiamento regala una nuova prospettiva di consapevolezza esistenziale che induce il lettore a riflettere.

Sulle ceneri di ciò che eravamo di Samantha Falciatori

Per raccontare la guerra ci sono tanti modi diversi. Ogni prospettiva può offrire molteplici punti di vista. In questo caso è stata scelta la prospettiva di una ragazza “anonima”, la giovane Haya infatti è una della tante persone coinvolte loro malgrado in un conflitto. In questo aspetto c’è sicuramente una verità che talvolta rischia di essere trascurata: la guerra la subiscono in tanti. Tocca tutti, famiglie, fratelli, fidanzati, cittadini. La guerra stravolge gli equilibri e il prezzo da pagare è sempre alto, per tutti. Questo testo ha sicuramente il pregio di ricordare che in guerra esistono tanti punti di vista, per raccontare un avvenimento però bisogna fare delle scelte. L’autore o l’autrice di “Sulle ceneri di ciò che eravamo” ha fatto sicuramente la scelta che non è mai sbagliata: dar voce alle vittime.

Acqua salata di Francesca Motta

Al sale aggiungiamo dell’agro dolce e dell’amaro, questa bella storia è scritta in forma leggera ed equilibrata. C’è un laccio stretto fra questa madre e questo figlio, c’è un grande assente a far loro compagnia; c’è poi una potente insidia che rischia di rovinare tutto costituita dalla dipendenza da alcol. L’autrice ci accompagna in uno scorcio di vita che ci mostra la possibilità di mettere il seme della vita anche nei terreni più accidentati e apparentemente sterili. Il mare ne fa da cornice sensoriale essenziale riprodotta con efficacia.

Da domani di Nadia Rotatori

“Tutta la disperazione che si consola in un bicchiere”, è con frasi di questa portata che l’autrice descrive efficacemente uno scorcio di vita di una donna evidentemente affaticata da una sorta di stagnazione dell’esistenza. Scene dai colori spenti si susseguono. Si sente la disillusione sentimentale e relazionale in genere alla quale si aggiunge una certa tendenza al sovraccarico lavorativo.

La situazione descritta rappresenta un classico possibile terreno fertile per l’innesto di un comportamento di dipendenza. La minaccia è l’alcol!   Il finale ci porta del movimento salvifico, lo sguardo si solleva e si guarda oltre, l’occasione è una creatura da accudire, tornerà il colore acceso?

Vivi di Roberta Cadorin

Scrittura convulsa a fiato corto. Si percepisce una certa inquietudine fin dalle prime battute. L’esigenza sembra quella di voler staccare da tutto, da una certa pesantezza del vivere. Ad un certo punto il doversi riconnettere alla realtà sembra il male più grande; ed invece no! A questa madre spetta di vivere la tragedia più devastante in assoluto! Il gioco d’azzardo sa essere un’esperienza al di sopra di ogni possibile limite umano dove l’equilibrio lascia spazio alla follia…

Una gonna in lanetta di Elena Di Gregorio

Si parte con un effetto a ‘pensieri a voce alta’. Il punto di vista è quello di una persona certamente intima e bene volente rispetto al protagonista. Chi a scritto la storia non svela mai di chi si tratta. La storia si sviluppa partendo da un ricovero per un intervento chirurgico abbastanza blando. Nel personale sanitario si ricrea un certo imbarazzo nel trattare quella donna ricoverata. Il nome di battesimo della protagonista manifesta il sesso biologico della persona che non corrispondente all’identità di genere percepita dalla stessa. La tematica della medicina di genere è in questa storia veicolo per altre tematiche legate alla complessità del vivere e al faticoso percorso dell’accettazione e valorizzazione di se.

Sono un’assassina di Rita Mazzon

Il ritmo è serrato, una cronaca introspettiva molto suggestiva. L’autrice ricrea un conflitto interno che però ha importanti ripercussioni esterne. La protagonista soffre un evidente senso di inadeguatezza, d’altra parte il mondo esterno non la iuta di certo. La risposta si genera in una progressione delirante, la protagonista può così tramutarsi in chi le piacerebbe essere. La magia si compie, però, sotto l’effetto dell’alcol e il prezzo è ovviamente insostenibile! L’autrice vuole, per questa storia, un finale che lascia ben sperare per quanto ci si arrivi con una certa concitazione efficacemente suggestionata.

 

 

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